domenica 22 luglio 2007

Parte decima

Il XII secolo non fu solo la culla di seriosi ordini o di serie dispute, ma, anche, di un gran gusto per lo svago, l'ironia, il divertimento, il lazzo.
Ne é famosa testimonianza, la nascita della Goliardia, viva ancora oggi in molte Università, divenuta sinonimo di scherzo, gioco iniziatico, confraternita di giovani sbandati.
La sua origine, ovviamente, é incerta, ma viene sicuramente collocata nei primi anni del XII secolo.
Alcune tesi fanno derivare il suo nome da quello di uno tra i personaggi più significativi di tutta la storia medievale: Pietro Abelardo.
Figura storica di filosofo e teologo medioevale, Pietro Abelardo (nato a Pallet, Nantes nel 1079, morto in convento nel 1142) venne assurto a simbolo e progenitore del Clerico Vagante medioevale, sia per un suo prestigio di verseggiatore, che lo vide autore di poemetti amorosi oltre a opere di filosofia, che per la fama di fine dicitore, e non per nulla fu per anni maestro di logica alla prestigiosa scuola di Parigi, ma divenne soprattutto noto e proverbiale per la sua tormentata esistenza.
Mangiatore e bevitore (e da questa caratteristica, comune a tutti gli studenti, secondo alcune errate dizioni deriverebbe il nome di Golia [dal latino gula]), senz'altro anticonformista e proficuo pensatore, iniziatore della logica medioevale, estimatore delle bellezze femminili, ormai quarantenne si invaghì di una sua bella e giovane allieva, Eloisa, che sposò segretamente dopo averne avuto un figlio.
La storia tragica narra che il canonico Fulberto, zio della fanciulla, all'oscuro delle nozze e furioso per lo sfregio, lo fece evirare.
I due amanti si ritirarono allora in convento, mantenendo un fitto carteggio epistolare che, con l'autobiografia "Historia calamitarum mearum", concorse a fornire materiale a numerose ballate e chansons dei menestrelli medioevali.
Simbolo del Clerico Vagante medievale, Abelardo univa quindi alla "curiositas" intellettuale, la passione per la vita mondana, attirando su di sé l'ira degli ecclesiastici più tradizionalisti.
Le sue intemperanze furono bersaglio di lettere e prediche, tra le prime famosa quella di San Bernardo a Papa Innocenzo II, tra le seconde quelle di Agostino di Beta, in cui veniva bollato come "Golia", ovvero "Satana".
Condannato nei Concili di Soissons (1121) e Sens (1141), Abelardo fu, invece, felice di tale soprannome, di cui spesso nelle sue lettere si fregiava, poi ripreso anche da anonimi Clerici in opere come Apocalypsis Goliae, Golias in Romam Curiam e la Confessio Goliae dell'Archipoeta.
Si vuole pertanto che il nome di Goliarda derivi appunto dalla contrazione di Golia Abelardo, cui in vari luoghi e in varie epoche gruppi di Clerici e di studenti si rifacevano, anche se il semplice termine di "seguace di Golia" in francese medioevale già suonava come goliard.
Ancora oggi viene talvolta mantenuta nelle bolle e nei papiri degli studenti la formula di Goliae Abelardi fratres, ovvero "fratelli di Golia Abelardo", per indicare i fratelli in Goliardia.
Resta il fatto che ben presto il termine goliardia entrò nell'uso comune, e nella lingua ufficiale della Chiesa, per indicare i Clerici Vagantes, insieme ad altri sinonimi tra i quali, molto amato dai Clerici stessi, ci fu quello di "Deciani", cioé "de secta Decii", dove il santo Decius, patrono della goliardia medievale, altri non era che il dado (déz).
Bisogna ricordare innanzitutto che, nel sistema culturale medievale, scholasticus (studente) é sinonimo di clericus (persona dotta).
Il Clericus, per fornirsi della cultura di tipo universale ed enciclopedico ad esso richiesta, era tenuto a vagare tra i vari studi, dislocati in diverse città, ognuno dei quali era specializzato in un distinto ramo di sapere.
Nascevano così i Clerici Vagantes, studenti itineranti e non più monaci chiusi nel loro chiostro per tutto il ciclo di studi.
Si respirava, nel secolo XII, aria di rivoluzione letteraria e morale all'interno dello stesso clericato, in concomitanza con la nascita delle prime università.
L'amore per gli studi é quindi indiscusso, ma, accanto ad esso, i clerici trovavano spazio per i loro sentimenti personali e per passioni del tutto mondane: amore per le donne ed ebbrezza del vino, solenni mangiate e beffe irrisorie contro un'autoritx spesso inchiodata alle proprie consuetudini ormai invecchiate (nihil novi sub sole).
Molto presto si nota nei testi una completa interscambiabilità tra i termini Clerici vagantes e goliardi.
Il disprezzo della Chiesa per i goliardi non era ingiustificato, se consideriamo che oggetto dei ritmi e metri rigorosamente latini dei Clerici vagantes erano satire ardite contro frati, abati, vescovi e papi oppure accuse contro la Curia romana, denunciata, e non sempre a torto, per la sua corruzione.
Protesta politica e religiosa, ma non solo.
I carmina goliardici erano uno strumento provocatorio in tutti i sensi: si inneggiava con vitalità istintiva a Bacco, al gioco (il tabacco ancora non c'era) e a Venere, una sorta di trinità rovesciata, tanto più dissacratoria in una società in cui la visione religiosa del mondo, il potere religioso insomma, dettava ancora legge.
L'oltraggio era intollerabile e la Chiesa reagì.
Possediamo i passi di due concilii, quello di Treviri (1227) e quello di Rouen (1231), intesi, tra le altre cose, a limitare l'attività degli studenti ribelli, in cui per la prima volta compaiono i termini studenti vaganti o goliardi o famiglia di Golia.
Dopo il terzo ammonimento si sarebbero tolti loro i privilegi del chiericato, tra i quali, l'esenzione dal servizio militare, dai tribunali comuni e dalle tasse.
Ma i goliardi continuavano ad esistere, lasciando nella loro poesia interessanti quadri della loro vita da bohèmienne ante litteram, colti e irriverenti, affascinanti ancora di più per il loro anonimato.
Questi carmi sono pervenuti in varie raccolte tra cui spicca quella denominata "Carmina Burana".
Famoso codice del XIII secolo con una raccolta di canti medievali goliardici, fu così battezzato dall'editore J.A. Schmeller, che lo pubblicò nel 1847, dal nome latino dell'abbazia bavarese di Benediktbeuren (Bura Sancti Benedikti) ove fu rinvenuta.
Conservata ora a Monaco, la raccolta comprende oltre trecento composizioni del XII e XIII secolo, quasi tutte in latino, di argomento vario (l'amore, la natura, la religione).
Caratteristica precipua di parte dei Carmina Burana é, però, quella di satireggiare e condannare la corruzione della gerarchia ecclesiale, e in particolare della curia romana, e la decadenza degli studi. Questo gruppo di canti, il più numeroso, é denominato Kontrafakturen, perché sullo schema ritmico di versetti e litanie religiose, innesta i suoi contenuti satirici e licenziosi.
Queste composizioni, cui si affiancano altre di celebrazione della donna, del bere, del gioco, motivi tipici della cultura goliardica dei clerici vagantes, sono in parte anonimi, in parte riconducibili a poeti e rimatori come Ugo d'Orleans, Serlone di Wilton, Pietro di Blois, Gualtiero di Chatillon. Tra i titoli più famosi "In taberna quando sumus", la "Confessio Goliae", attribuita all'Archipoeta, "Clerici Vagantes", "Pater noster qui es in shipis", "Confiteor Reo Bacco Onnipotanti", "Missa de potatoribus", e via dicendo.
Dei Carmina Burana esistono alcune edizioni parziali in commercio, abbastanza facilmente reperibili, e anche dischi, tra cui ottimi quelli Deutsche Grammophon.
Col tempo però, nei secoli XIV e XV, l'amore per la scienza e la dedizione allo studio si tramutarono in adorazione per il denaro e i Clerici Vagantes, pur continuando a viaggiare tra città e città, passavano da una corte all'altra solo per allietare i vari signori nel ruolo di giocolieri e menestrelli.
Un po' alla volta la goliardia perse di importanza e dal XV secolo il suo nome non viene più menzionato, per ricomparire infine, con un nuovo significato, nel secolo XIX ed arrivare quindi ai nostri giorni.???La densità e la quantità degli avvenimenti che segnano tutto il secolo, le trasformazioni, le opere, lo collocano, di diritto, tra i più significativi in assoluto.
Questa era, almeno, la sensazione che provavo più mi addentravo nelle sue vicende, mano a mano che la mia conoscenza di quel periodo aumentava.
Quello che, inizialmente, era apparso in modo sfumato e impreciso, adesso mi sembrava nitido e ben definito.
In quei cento anni, qualcuno in più, qualcuno in meno, la differenza non é determinante, l’Europa aveva cambiato volto.
Galgano ne era stato, contemporaneamente, spettatore e protagonista: qui, proprio in questi luoghi dai nomi strani e singolari, come Pentolina, sorta intorno alla pieve di San Bartolomeo e ricordata fin dal 1189 quando viene confermata al vescovo di Siena, o come Spannocchia, con il massiccio Torrione del castello, o, ancora, come Castiglion Balzetti, più conosciuto come Castiglion che Dio sol sà a causa della sua collocazione, nascosto com’è tra cupe foreste, e la cui prima notizia storica documentata risale al 1212.
Lungo i ciottolati che attraversano e collegano le valli della Merse, del Farma, del Feccia, di innumerevoli torrenti e rivoli, rinasce un mondo di cui Galgano é solo l’apice e il custode.
Chiusdino é il suo paese natale, per questo bisogna comprenderne il ruolo, esattamente negli anni che ci riguardano.
Quando nel 1004 viene fondata l’abbazia benedettina di Santa Maria, all’interno del castello di Serena, posto a poco più di un chilometro dall’odierno abitato, nell’atto di fondazione, tra i luoghi ricordati, Chiusdino non appare mai.
Forse non esiste ancora, oppure é solo un piccolo castello sulla sommità della collina.
Ben presto, ai suoi piedi, si sviluppa un piccolo borgo e, presso la porta d’accesso al castello, viene costruita la chiesa di San Martino, detta ?fuori le mura?.
Quando, nella prima metà del XII secolo, il castello di Serena viene distrutto, durante la guerra tra i Conti di Frosini e il vescovo di Volterra, la pace, firmata nel 1133, sancisce che non sarà mai più ricostruito.
Questo condusse ad un lento e inesorabile declino della comunità monastica di Santa Maria, che, peraltro, nel 1165 e nel 1191, avanzava ancora diritti su parte della chiesa di San Martino e del castello di Chiusdino.
Il borgo, intanto, doveva aver assunto una certa importanza, al punto che anche il vescovo di Siena ne acquistava, dal vescovo volterrano, alcune proprietà nel 1137.
Ma la più antica chiesa di Chiusdino, antecedente anche a quella di San Martino, é, guarda caso, la Propositura o Pieve di San Michele Arcangelo, situata nella parte più alta dell’abitato, nel primitivo nucleo del castello, a testimonianza di un culto già diffuso e preesistente.
Quando Galgano nasce, il borgo deve avere già assunto dimensioni di rilievo ed i suoi rapporti con i vescovi volterrani sono saldi e radicati come pochi altri.
La via che scorre ai piedi dello sperone su cui é arroccato Chiusdino, diviene di giorno in giorno, sempre più importante e trafficata.
Nel 1165 circa, Benjamin bar Jamah, ebreo originario di Tudela nella Navarra, intraprende un lungo viaggio attraverso l’Europa e l’Asia di cui ci ha lasciato un interessante resoconto.
Nel suo itinerario italiano, egli transita lungo la Francigena per raggiungere Roma da Lucca, dove é arrivato passando da Genova e Pisa.
Nelle sue annotazioni di viaggio, fotografa la realtà epocale del nostro paese in tutta la sua originalità e diversità. ?Genova é circondata da mura e gli abitanti non sono governati da un re, ma da magistrati che nominano a piacimento... hanno il dominio del mare; costruiscono imbarcazioni chiamate galere e compiono atti di pirateria fino alla Sicilia ed il bottino dei loro saccheggi lo riportano da ogni parte a Genova. Sono in guerra permanente con i Pisani?.
?Pisa é una città molto grande? prosegue sempre Benjamin ?con circa diecimila case turrite per combattere in tempo di guerra. Tutti gli abitanti sono potenti, non hanno né re né principe che li governa, ma solo dei magistrati nominati da loro?.
Nel conflitto tra i poteri centrali, si consolida l’Italia delle città, si sperimentano forme di autogoverno, ci si schiera formalmente, ma si perseguono anche politiche autonome.
E’ un paese frammentato, con frequenti passaggi di mano e interminabili stalli.
Chissà se Benjamin é passato anche da Chiusdino, la viabilità di allora lo rende possibile.
Egli ci mostra come, intorno alla metà del XII secolo, nel nostro paese vivano comunità ebraiche, anche molto numerose e potenti, fornendocene un elenco dettagliato per ogni città toccata.
Così come ospitiamo comunità di ogni genere sul nostro territorio, anche numerose comunità italiane operano e vivono all’estero, in Medio Oriente, in Africa, nel Mediterraneo.
Gli scambi commerciali favoriscono la crescita e la nascita di nuovi poteri.
Il bisogno spasmodico di codificare, di potersi nuovamente affidare al diritto é palpabile ed evidente in molte opere dell’epoca, come il Decretum di Graziano o le Assise di Ariano, in atti come la Dieta di Roncaglia o la pace di Costanza.
Si elabora, si produce, si edifica, si codifica.
Chiusdino prospera, cresce, espande le sue mura. Galgano é un giovane dalle origini incerte.
Di lui, le biografie dicono che é figlio di Guidotto Guidotti e Dionigia, che a lungo ne hanno atteso la nascita.
Non é certo che fosse di nobile prosapia, come sostengono la maggior parte delle biografie; non si sa neppure quando Guidotto muore e Galgano rimane orfano.
Quali echi delle vicende che animavano l’Europa di allora potevano giungere in questo borgo di confine?
Chi veniva ospitato nel castello? Quali erano le festività e gli appuntamenti più importanti?
Vorrei indietreggiare nel tempo e vedere con i miei occhi, perché, a volte, provo la sensazione che, per quanto io possa sforzarmi, non sono in grado di immaginare appieno la vita quotidiana di novecento anni fa, i pensieri delle persone, il loro modo di agire, di ragionare.
Forse non é sufficiente neppure un’adeguata conoscenza storica, tanta é la differenza che passa tra vivere e interpretare, tra agire e pensare, tra apparire ed essere.
Le emozioni, i sentimenti, le passioni, anticipano gli eventi, se ne cibano e li trasformano.
Siamo nel 1158! Galgano ha dieci anni, Barbarossa scende per la seconda volta in Italia, sottomette Brescia e Milano e, nella dieta di Roncaglia, emana un lungo elenco di diritti imperiali, frutto del lavoro svolto dai quattro dottori in legge più autorevoli del momento: Bulgaro e Martino Gosia, Jacopo e Ugo di Porta Rovagnana, tutti maestri di Bologna.
Nello stesso momento, Rainaldo costruisce la facciata della cattedrale di Pisa. Dieci anni dopo, Galgano é cresciuto, ha vent’anni, siamo nel 1168.
Nel corso di questo decennio, Alessandro III é stato nominato papa; Barbarossa ha distrutto Crema nel 1160 e Milano nel 1162; il poeta Béroul scrive il Romanzo di Tristano.
Galgano vive la sua gioventù in un luogo che diviene sempre più importante.
Sul litorale, dove sbocca la Massetana, il controllo pisano favorisce la ripresa delle attività marittime e commerciali.
Manca uno studio approfondito del flusso di merci e uomini, di risorse impiegate nelle attività minerarie dell’entroterra.
Nei testi si afferma solo che, nel corso del XII secolo, riprende l’attività estrattiva e si assiste ad uno sviluppo dei borghi disseminati lungo l’asse viario che li collega.
Ciò é, in parte, visibile ancora oggi, in un’area che si é mantenuta molto simile allo sviluppo di quel periodo e che nasconde, all’occhio meno attento, molte testimonianze di cui si é persa la memoria e di cui si ignorano persino le vicende che le hanno viste protagoniste.
Nel 1163 si costituisce la ?Lega veronese? con Verona, Vicenza, Treviso e Padova per opporsi alla terza discesa in Italia di Federico Barbarossa.
Nel 1166 muore a Genova Caffaro, autore degli Annali genovesi, documento di enorme importanza per le vicende e la vita della città negli ultimi trent’anni.
A Oxford, nel 1167, viene fondata la prima università inglese.
Nasce il comune di Alessandria, così chiamato in onore di Alessandro III, simbolo della lotta antimperiale.
Anselmo da Campione esegue i rilievi del pontile del Duomo di Modena; Gruamonte scolpisce l’architrave con l’adorazione dei Magi a S.Andrea in Pistoia; si edifica la cattedrale di Molfetta; Biduino scolpisce l’architrave di S. Salvatore a Lucca; in Francia si tiene la conferenza eretica di Lombers.
Gli avvenimenti si susseguono a ritmo incalzante e, spesso, assistiamo a vicende che potremmo definire cardini del processo di trasformazione in atto.
Le città rivaleggiano non solo militarmente, ma anche con un rinato gusto per l’apparenza, per il maestoso: é una corsa lungo tutta la penisola, per erigere edifici sempre più imponenti e simbolici, per accaparrarsi i migliori professionisti, architetti, carpentieri, scultori, pittori.
Galgano cresce e vive in questa atmosfera, ne sente l’odore, ne vede gli effetti.
Il terzo e ultimo decennio della sua esistenza, coincide con un periodo in cui il magma ribollente del secolo inizia a prendere forma, si definisce, si consolida. Averroé scrive i Commentari ad Aristotele, nei quali nega l’immortalità dell’anima; il grande filosofo ebreo Mosé Maimonide (1135-1204) scrive la Luce (Ha-or), sintesi della fede ebraica; Thomas compone il Tristano; Eilhart von Oberg scrive Tristano e Isotta.
Risalgono a questo periodo i Lais di Maria di Francia, il poema Lancelot di Chrétien de Troyes, la traduzione dell’Almagesto, trattato greco di astronomia di Claudio Tolomeo, ad opera di Gherardo da Cremona, mentre il poeta francese Pierre de Saint-Cloud termina Le Roman de Renard, raccolta di fiabe animali.
Nel 1174, Bonanno Pisano inizia la costruzione della Torre di Pisa, a Genova viene stipulato il primo contratto di commenda, da cui si svilupperanno le moderne società in accomandita.
Nel 1178, il grande scultore Benedetto Antelami (ca. 1150-1230) lavora alla costruzione del Duomo di Parma, mentre, nel 1173, era iniziata quella del Duomo di Monreale.
La famosa e leggendaria battaglia di Legnano ha luogo nel 1176, nel 1177, la già menzionata pace di Venezia.
Nell’anno della conversione di Galgano poi, il 1180, alcuni importanti decessi mutano la scena istituzionale.
Tocca per primo al re di Francia, Luigi VII, a cui succede sul trono il figlio Filippo II Augusto, poi é la volta dell’imperatore bizantino Manuele, a cui succede il figlio Alessio II Comneno con la reggenza della madre Maria di Antiochia, poi muore anche il grande filosofo inglese, Giovanni di Salisbury, autore di opere come il Policraticus e il Tetralogicus.
Il 30 agosto dell’anno successivo, scompare anche Alessandro III, dopo un pontificato durato ben 22 anni, denso di eventi e mutamenti.
Ancora pochi mesi e anche Galgano muore a Monte Siepi, dopo undici mesi di conversione e di eremitaggio.
Nomi, personaggi, che ancora riecheggiano nel cinema, nella letteratura, nella moda, nell’arte.
Nel luogo in cui Galgano infigge la spada, si ritrovano e si rincorrono.
Pare di ascoltare i loro discorsi, di udire zoccoli di cavalli al galoppo, clangore di armature luccicanti, bagliori di acciaio, scalpiccio di sandali, lamenti e orazioni.

Nessun commento: